Punta della Dogana fino al 10-01.16

Non è solo come artista, ma anche come “curator” che Danh Vo è stato chiamato a collaborare con Palazzo Grassi – Punta della Dogana – Pinault Collection e a lavorare con la collezione, in sintonia con gli artisti invitati. È la prima volta che nell’edificio di Punta della Dogana a Venezia un artista viene accolto nel ruolo di “curator”, parola cui la lingua francese fatica ad adattarsi1. La ragione per mantenere la definizione di “curator” così com’è, senza tradurla né con conservatore né con curatore e neanche con organizzatore, ha a che fare con l’uso che ne fa Danh Vo: la pratica dell’artista come “curator” si avvicina particolarmente all’etimologia latina della parola, da cui deriva anche il temine inglese “care”, che qui potremmo anche tradurre con “conservare”.Il cuore storico dell’esposizione è costituito da opere che provengono da istituzioni veneziane: le Gallerie dell’Accademia e l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini. Queste opere recano, in modo emblematico, le stimmate dei processi che, pur preservandole, le hanno alterate, rinnovando la loro forma. I rimaneggiamenti inflitti sono stati a volte brutali: pensiamo ai frammenti di dipinti mutili, ridotti per le esigenze di “adattamento” a un cambiamento di scenario, o ai dipinti in miniatura provenienti dal ritaglio (“cutting”) di antifonari miniati da monaci-artisti. La soppressione degli ordini monastici italiani in epoca napoleonica, per esempio, nel XIX secolo ha alimentato con pagine sezionate un vorace mercato londinese.È proprio in queste “biforcazioni storiche” che si inscrive “Slip of the Tongue”. Il titolo dell’esposizione (“lapsus”) si ispira a quello di un’opera dell’artista Nairy Baghramian (nata nel 1971) con cui Danh Vo intrattiene una conversazione attiva e di cui sono presenti in mostra tre installazioni: perché l’esposizione disegna anche una mappatura dell’amicizia. Il suo cuore pulsante è costituito da due composizioni straordinarie dell’artista americana Nancy Spero (1926-2010). Prima di tutto, lo splendido Codex Artaud (1971-1972): trentaquattro fragili rotoli composti di strisce di carta, che raccolgono una forma ibrida di scrittura-disegno-pittura e che possono essere letti come un’attività di “ripristino”, da parte dell’artista americana, del furore e della frustrazione che lo scrittore francese Antonin Artaud ha posto alla base del suo linguaggio incandescente. Cri du Coeur (2004), ultima installazione monumentale dell’artista, esprime il dolore intimo del cordoglio, “adattato”, vale a dire indirizzato, alle migliaia di persone colpite nello stesso momento dai disastri bellici e ambientali, anonimi con cui Nancy Spero crea un legame.
Tra i 39 artisti che Danh Vo ha scelto di invitare, si delinea e si sviluppa un dialogo cui dà forma una fotografia di Robert Manson che raffigura una cavalletta con la mano che la regge – e fa da supporto e sostegno –, immobili nella reciproca attenzione.

 

Photo Credits:

1.)
Lozano  Lee Lozano, No Title (toilet lid), c. 1962-1963
© The Estate of Lee Lozano
ph: © The Estate of Lee Lozano
2.)
Danh Vo, Beauty Queen, 2013
Pinault Collection
Ph: Charlotte du Genestoux
3.)
Danh Vo, Log Dog (detail), 2013
Courtesy of the artist and kurimanzutto, Mexico City
Ph: Estudio Michel Zabé, 2013
4.)
Danh Vo, Oma Totem, 2009
Photo: Jacopo Menzani
Installation view: Last Fuck, 01 Milano, 2009
Collezione privata, Torino

5.)
Lo Savio  Francesco Lo Savio, Filtro a rete, 1962
Installation view at Punta della Dogana 2009
Ph: © Palazzo Grassi, ORCH   orsenigo_chemollo

6.)
Lavier Bertrand Lavier, Gabriel Gaveau, 1981
Pinault Collection
Ph: André Morin
© Bertrand Lavier, by SIAE 2015

 

 

Foto di copertina:
Punta della Dogana
PDD_2
© Palazzo Grassi, ph: ORCH orsenigo_chemollo

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